20 Aprile 2023

Corti, lunghi, colorati è il nuovo pronto-moda

articolo di Roselina Salemi

Il tailleur è bello ma lo vogliono glicine? O rosa Barbie? Niente paura, arriva in una settimana: i clienti hanno sempre ragione. Pantaloni più corti, camicia più lunga? Si fa in un attimo. Non è pret-à-porter e non è fast fashion. Non è inarrivabile e non è di poco valore.

E’ il pronto moda, punto di incontro fra budget e tendenza. Per la prossima estate c’è tutto: il corto e il lungo, il lilla e l’arancio, la gonna jungle, gli shorts e i cristalli.

Per lei: il sexy e il maschile. Per lui: il gentiluomo e il genderfluid. Volendo trovargli un nome anglofono potremmo chiamarlo speedy fashion perché il plus è la velocità. Ma ai “prontisti” il nome non importa. Citazioni glam I primi, negli anni Settanta, fotografavano le vetrine e producevano al volo, poi hanno cominciato a seguire e copiare gli stilisti. Adesso frequentano festival alla moda tipo Coachella, qualcuno si infila ai Grammy e anticipa addirittura i designer. Una leggenda metropolitana vuole che Giambattista Valli si sia ispirato proprio all’abito di un prontista: strati di tulle “a meringa” e corsetto.

Vero o no, i prontisti hanno il loro habitat modaiolo e il loro momento di gloria nella sfilata bolognese di Centergross. In passerella per “Summer in Italy”, che presenta la primavera-estate, brand dai nomi fantasiosi (ADM Revolution, Karl Mommoo Homme, Takeshy Kurosawa, Angela Davis, Gil Santucci, King Kong, J.B4, Souvenir), ispirazione dichiarata al mondo dell’arte, da Ligabue a Tamara de Lempicka, da Matisse a Escher, e piedi ben piantati nel business. Ospiti d’onore, vestite da Rinascimento con pailletes e bustier, le tre Puppini Sisters, nate professionalmente a Londra e specializzate nel canto a cappella stile anni ’40, swing e jazz: un bell’esempio di come osare un look sopra le righe (ironia e coraggio). “Nessun avanzo” Centergross, con le sue 700 realtà, fattura cinque miliardi di euro, ha migliaia di acquirenti giornalieri, 84000 addetti nella moda e parecchio orgoglio. “Produciamo capsule settimanali, quindicinali e mensili, monitoriamo il mercato con la nasometria, l’istinto”, dice Riccardo Collina, export manager di Centergross, “facciamo le nostre scelte guardando chi conta, artisti, attori, cantanti, musicisti, e il giorno dopo lavoriamo sulla collezione a chilometro zero: modellisti, prototipisti, tagliatori, non ci manca niente. Sono gli altri a copiarci, adesso. Esportiamo il cinquanta per cento, non abbiamo avanzi, vendiamo tutto!”. Per dare un’idea dei prezzi: i jeans maschili di Vincenzo Langella (Takeshy Kurosawa) 37 anni, terza generazione di sartoria napoletana, costano 120-140 euro ma arrivano anche a 400 per via dei lavaggi particolarmente evoluti. “In più abbiamo intercettato già da un po’ il desiderio di eleganza, quasi dandy, bei cappotti, giacche, cravatte, papillon – spiega Langella – Non siamo così distanti dal pret-à-porter, non sbagliamo, e soprattutto ci divertiamo”. Anche con i nomi. ADM Revolution deriva da Adamus, azienda storica (le hanno tolto un paio di vocali e una consonante), Karlo Mommoo Homme da Carlo più “mo’mo” che in napoletano significa “presto, presto”: l’intercalare che è diventato un marchio che all’estero piace molto. Come tutti, sondano il mercato, cercano spazio. E lo trovano. Per ogni età Mathias Borghi, fondatore e direttore creativo di J.B4 (traduzione: J per Giulia, la ragazza del fratello, B per Borghi, Four perché erano in 4) che non si offende a essere definito un nipotino del primo Off White, ha avuto il suo magic moment con il cappello unisex “speaking beanie”: su due fasce di velcro, una davanti e una dietro, si possono applicare patch con scritte divertenti e irriverenti. Come corredo, una tavola di caratteri per inventare nuove frasi (diecimila pezzi venduti in un soffio grazie a Instagram fra tag e selfie, un contratto con la Rinascente tedesca). Lui è del mood genderfluid: tessuti iridescenti, tecnici, felpe unisex. Prende le idee dalla strada, “a volte è un colpo di fulmine”, o da certi film visionari (i colori di “Dune”, Zendaya nel deserto di Arrakis), gli piace piuttosto ovviamente Balenciaga, ma non ha sentimenti di inferiorità. Invece Francesca Calzolari, responsabile marketing per le linee Angela Davis e King Kong (il papà è proprietario dell’azienda) è ecumenica; ha l’ambizione di accontentare tutte le donne dai venticinque ai sessant’anni. King Kong, che strizza l’occhio a Bansky, è per la GenzZ (corallo, acquamarina, ambra e minigonne verdi, fibre naturali, sostenibilità), Angela Davis per tutte le altre: giacche strutturate, rouches, pantaloni cargo. E l’orgoglio è sufficiente a produrre un logo ben esibito e tessuti monogram: la siglia GS di Gil Santucci. Nessun dubbio: la rivincita dei prontisti è cominciata.